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Corso Bisalta, 61, Boves, CN
Valutazione:
Consigliatissimo!!
Prezzo a persona:
41.50 €
Servizio utilizzato:
ristorante
Commenti:
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Tag assegnati:

cuggy

ha visitato il locale il 24/04/2011 cuggy avatar
6 Recensioni scritte dal 25/07/2008 136 Punti

Una domenica di Pasqua di fine aprile, dal tempo incerto ed indeciso che inizialmente lascia prevalere numerose nuvole per poi lasciare campo vinto nel pomeriggio al trionfo di uno splendido sole, è lo scenario temporale che ci vede diretti verso il centro abitato di Boves, graziosa e piacevole cittadina piemontese, medaglia d’oro sia al valore civile che militare per le gravissime offese sopportate per mano dei nazisti durante l’ultimo conflitto mondiale, non molto distante da Cuneo e situata ai piedi di quella sontuosa e bellissima montagna dal fascino austero e vero e proprio simbolo di questo angolo di Piemonte che, per il suo singolare aspetto a doppia cima, risponde al nome di Bisalta.
Lasciata l’auto lungo il corso che prende il nome proprio dal monte che troneggia maestoso sullo sfondo con le cime ancora abbondantemente innevate, ci incamminiamo a piedi verso la meta scelta per quello che per noi è il primo pranzo pasquale fuori casa della storia, un piccolo ristorante che offre cucina tipica e creativa a base di piante e spezie officinali, già adocchiato in occasione di precedenti passaggi in zona e che da tempo riteniamo meritevole di una nostra visita.
Scesi con qualche incertezza i pochi gradini che lo collocano di poco al di sotto della sede stradale, entriamo nell’ampia sala divisa in due da alcune arcate e che si allarga a sua volta in altre due piccole stanze e, accolti con estrema gentilezza e cortesia quasi eccessiva da uno dei camerieri, ci accomodiamo al nostro tavolo, collocato nei pressi di un’ampia vetrata che lascia intravedere un piccolo cortile interno e, al di sopra delle colline circostanti, un abbondante spicchio di cielo nel quale il sole continua a giocare a rimpiattino con le nuvole.
Sul tavolo apparecchiato con eleganza e semplicità, arrotolato e legato con un fiocco, troviamo il menù del pranzo di Pasqua, di cui siamo peraltro ovviamente già a conoscenza e che ci ha convinto a prenotare presso questo locale mai provato in precedenza, ma che già da tempo stuzzicava la nostra curiosità per le sue particolari proposte culinarie caratterizzate appunto dall’utilizzo di erbe e piante officinali.
Al solito gentilissimo ed ossequioso cameriere che ci porge una carta dei vini semplice ed essenziale con proposte principalmente del territorio e soltanto qualche isolata escursione al di fuori di esso, ordiniamo una bottiglia di acqua naturale e, dopo una breve consultazione, decidiamo di accompagnare il nostro pasto con un Roero Arneis Baracco de Baracho imbottigliato da Baracco 1871 di Castellinaldo, optando sostanzialmente per una tipologia di vino a noi nota ed a cui siamo ormai affezionati, ma che in questa variante si rivelerà particolarmente gradevole, con il suo sapore fresco, morbido, allegro e profumato e privo di spigolosità degne di nota, proprio di nostro gusto.
Perdonato di buon grado il cameriere che aveva erroneamente servito la nostra bottiglia di vino ad un tavolo vicino e che, profondendosi in reiterate scuse, ha provveduto immediatamente a soddisfare la nostra richiesta con una nuova bottiglia, iniziamo nel frattempo il nostro pranzo con il primo di tre antipasti, una terrina di seppia su letto di crescione con intingolo di aglio orsino e crackers di sesamo, piatto freddo in cui in particolare la terrina, una sottile fettina bicolore, si rivela di temperatura forse leggermente troppo bassa, ma comunque di sapore molto gradevole, in un piatto caratterizzato dalla nota piccante del crescione, pianta dalle numerose qualità ed applicazioni, e dal sapore forte, ma non troppo persistente, dell’intingolo di aglio orsino, servito in una minuscola ciotola al centro del piatto con l’accompagnamento di due piccoli e croccanti crackers al sesamo.
Proseguiamo quindi con il secondo antipasto, costituito da uova di quaglia in camicia allo zafferano su nidi di germogli alla santoreggia con salsa di asparagi, in un’elegante presentazione molto gradevole agli occhi, con un nido di santoreggia collocato al centro del piatto, sormontato da un piccolo uovo di quaglia e contornato da verdi strisce di salsa agli asparagi tutto intorno, piatto anche questo freddo in cui a prevalere è il sapore della santoreggia, altra pianta dai molteplici usi, stimolante e proprio per questo motivo in passato ritenuta addirittura afrodisiaca.
Il terzo ed ultimo antipasto è invece finalmente un piatto caldo, una quiche di coniglio e pomodorini confit con purè di polmonaria, in sostanza una sorta di tortino caldo veramente molto buono, presentato al centro del piatto anche in questo caso contornato da strisce di verde purè a base di quest’altra pianta così chiamata per le macchie delle foglie che ricordano gli alveoli.
Piuttosto soddisfatti dalla tornata di antipasti, gradevoli alla vista nella presentazione e piacevoli da gustare, serviti in porzioni non particolarmente abbondanti, ma sufficienti e con le giuste pause tra una portata e l’altra, forse un po’ lunghe per un pranzo di lavoro o qualche altra occasione più informale, ma appropriate durante un pranzo festivo, passiamo al primo dei due primi piatti, le lasagne alle ortiche con dadolata di carote e pesto di primule, servite caldissime in un’elegante ciotola al centro di un grande piatto, dal sapore molto delicato e decisamente primaverile, seguite a breve distanza dai gnocchi di ricotta e fragole con salsa di timo serpillo, questi serviti al fondo di un enorme piatto e del quale accettiamo di buon grado una seconda porzione, apprezzandone la consistenza, il colore rosa, il sapore molto delicato e l’aroma di timo.
L’unico secondo piatto, il cosciotto di agnello disossato alla birra e fiori di lavanda con taccole alla melissa si rivela una portata ricca ed importante, in cui la carne cotta a puntino ed esaltata dal sapore della salsa che la ricopre, lascia avvertire in modo abbastanza netto il piacevole profumo della lavanda, abbinandosi peraltro in modo eccellente alle taccole, sapientemente adagiate ed allineate sul piatto accanto a due fette di carne morbida e saporita.
In chiusura un doppio dessert servito insieme in un unico piatto e composto da un muffin di ciliegie con zabaione ai fiori di sambuco e, in una coppa all’interno del piatto, un gelato alla viola mammola, dolci note di squisita piacevolezza in grado di soddisfare i nostri palati a conclusione di un pasto veramente degno di nota ed estremamente gradito.
Tralasciato come per noi spesso accade il caffè di fine pasto, ma accettato con estremo piacere un genepì offerto con la consueta squisita gentilezza dal cameriere all’atto della consegna del conto, dopo il saluto della cuoca e titolare del ristorante che, a fine pasto, ha amabilmente sostato presso ognuno dei tavoli ed al termine di oltre tre ore passate piacevolmente e comodamente seduti, ci alziamo soddisfatti per una lunga, rilassante e digestiva passeggiata per le vie della cittadina e per i prati intorno, approfittando di un sole che, regolati i conti con le nuvole, si è finalmente deciso ad illuminare e riscaldare il pomeriggio, non prima di avere ovviamente e giustamente provveduto a saldare il conto del pranzo, che risulta essere di 83 euro per due persone, così suddivisi:
2 menù fissi 70,00 euro
1 bottiglia di Roero Arneis 13,00 euro
Acqua, pane e coperto compresi nel prezzo

Consigliatissimo!!

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[carolingio]
05/05/2011
Bellissimi e particolari i piatti di questo posto, tante erbe, unione di tradizione e fantasia... complimenti per la recensione cuggy! emoticon
Pensa che l'aglio orsino non sapevo neanche che esistesse prima d'ora... e scusa, ma cosa vuol dire "L'erla la Merla"?
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[Lisus]
05/05/2011
L'aglio orsino ogni tanto c'è nella cassetta di verdura e frutta bio che mi arriva a casa: si presenta in foglie lanceolate verde carico (tipo l'alloro ma più sottile di spessore), tagliandolo ha un lieve sentore di aglio. Io lo uso a crudo nelle insalate ma con questa recensione mi si aprono nuove frontiere di prove in cucina!
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[carolingio]
05/05/2011
Scusa Lisus, ma cosa ti arriva a casa? E da dove? Ehm... emoticon emoticon
Da noi, penso allora, li chiamiamo, i "ai", cioè gli agli in italiano, e si mangiano sia cotti che crudi (più cotti, se ho capito bene di che cosa si tratta...)
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[Lisus]
05/05/2011
Ricevo a domicilio una cassetta con frutta e verdura bio (oltre che latte, uova...) da un gruppo di produttori alto-atesini che consegnano anche in Emilia-Romagna, non so se si può fare il nome in questa sede, se ti interessa scrivimi in inbox. A dirti il vero non so perchè si chiama aglio orsino, anche perchè di bulbo non c'è traccia ma solo foglie