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La lavagna - Modenesità

Palaganeide (Poemetto Eroicomico) - Tanino / Canto Sesto

GROG
Scritto il 05/04/2009
da GROG
CANTO SESTO

ARGOMENTO

Per celebrar di Bortolin la morte
E l'ammirabil sua resurrezione,
Di Palagan decreta il popol forte
Un monumento al nobile campione.
Lo fan di neve quelle genti accorte,
Poi dentro al forno ad indurir si pone;
Ma la statua di notte fugge via,
Lasciando in forno certa... porcheria.





Se le sublimi imprese e l'alto ingegno
Prima illustravan del gran Duca il nome;
Dopo ch'egli sfuggì di morte al regno
Seco portando le corporee some,
La fama sua si propagò a tal segno,
E tanta gloria gli adornò le chiome,
Che i popoli traean d'ogni villaggio
Ad ammirare il redivivo saggio.

Intanto di Palagano il Senato
Pensava ad eternare il gran portento,
Ed esaltar l'eroe privilegiato
Con un imperituro monumento.
Perciò il consesso, nel famoso prato.
Riunito a straordinario parlamento,
Gli decretò una statua colossale
Nel centro della piazza principale.

Però non conveniva il gran consesso
Sulla posa da dare a quel sapiente :
Chi lo volea col cappuccino appresso.
Chi lieto in volto, chi umile e dolente.
Chi vivo e sano, chi da morte oppresso...
Ma tutti s'accordaron finalmente
Di riprodurlo col somaro a lato
Nell'atto di ascoltar l'ultimo flato.

Fu deciso affidarne la scultura
A un artista del luogo, un pastorello
A cui ficcato avea mamma natura
Il bernoccol del genio nel cervello :
Costui, quantunque privo di cultura.
Riproduceva, qual Giotto novello,
Sulla creta in sembianze pellegrine
Uomini, porci, femmine e vaccine.

Ma il pastor non appena ebbe l'avviso
Che gli annunziava il lieto avvenimento,
Corse in senato, e con arcigno viso
Esclamò, come primo complimento :
« Siete ammattiti tutti all'improvviso,
Da non capir che il vostro monumento
E' lavoro da rozzo marmorino
E non già da un artefice cretino? »

« E chi ti ha detto (gli rispose allora
Di quei dotti il più dotto) che vogliamo
Farlo di marmo? . . . Vattene in malora;
Di quello dappertutto ne vediamo . . .
La statua che tu devi metter fuora
Di una nuova materia la bramiamo,
Che non rompa però troppo le tasche
E che resista ai venti e alle burrasche ».

E lo scultor, grattandosi la testa,
« Materia nuova! . . . Voi la fate breve;
Ma senza stucco, creta, o cartapesta,
O plastica usual più o meno greve,
Ditemi su, per farla che mi resta?
Buon material sarebbe anche la neve;
Ma ci vorrebbe un bravo che sapesse
Trovar modo che il sol non la struggesse ».

Con la voce tonante dell'uragano,
Severo in volto e nello sguardo orribile,
Urlò il preside allor : « Quei di Palagano
Niuna cosa ritrovan d'impossibile . . .
Nulla scopron color che nulla indagano,
Ma a un saggio esplorator tutto è accessibile.
Va, corri, figlio mio, mettiti all'opra;
Il gran segreto io voglio che tu scopra.

« Se la neve a fissar giunger potrai,
La gloria ti aprirà le braccia sue;
Ricchezze e onor per te ne ritrarrai.
Immensa lode per le genti tue :
Sull'ali della fama volerai,
Più rinomato ancor d'un Cima . . . bue
E di Carrara i marmi più pregiati
Serviranno a far muri e lastricati ».

D'urli e di lodi gonfio, e grave in volto,
L'artista abbandonava l'assemblea
E, lesto verso casa il pie rivolto,
Fra le sue bestie a chiudersi correa.
Di curiosi uno stuol fuori raccolto
Ansioso la grand'opera attendea;
Ma sol dopo otto giorni, un finestrino
Aperse il bravo e fece capolino.

« Buone nuove, esclamò tutto cortese,
O rampolli d'un suol privilegiato!
Il genio di Palagano discese,
E ad eternar la neve m'ha insegnato...
La nuova propagate nel paese
E per domani sera, là sul prato,
Ordinate una grande riunione;
Ch'io verrò a pubblicar la mia invenzione »

* * *

Il giorno dopo, all'ora convenuta,
Strabocchevole folla occupa il prato :
In parte in piedi, in parte era seduta
Coi vegliardi del piccolo senato,
Ed attendeva trepidante e muta
Degli studi profondi il risultato :
Di quali accorgimenti usar si deve
Per fissare una statua di neve.

Ed ecco lo scultor sullo sgabello
Che serve da tribuna è già salito :
« Amici, ei grida, il poco mio cervello,
Unito al vostro ed al cortese invito,
Pensa di porre all'opera suggello
Onde il gran monumento sia compito,
E resti eterno, e son comuni i voti,
Ad orgoglio dei figli e dei nipoti.

L'ho scolpito di neve e sol vi ho aggiunto
Un prodotto specifico speciale
Del bel somiero a Bortolin congiunto,
Compagno della sua gloria immortale
E l'ho rappresentato proprio al punto
Che dava il terzo flato a lui fatale :
Ho eseguito cosi vostro desio,
Or voi gentili eseguirete il mio.

Quelle statue van cotte : una fornace
Grande e perfetta preparar si deve
In due piani divisa : un per la brace
L'altro per le due statue di neve.
Muriam la porta e ciò che dentro giace
Col fuoco sotto sarà cotto in breve :
Basta una notte. Il popolo contento
Vedrà il giorno seguente il monumento ».

Un fragoroso applauso a questo dire
Si levò dalla turba estasiata.
Or bisognava l'opera eseguire,
E ciascuno promise una giornata.
Chi portò sassi, chi sborsò le lire
Per la calce, i mattoni e l'impalcata;
Lieto spese e fatiche ogniuno affronta
E la fornace in pochi dì fu pronta.

L'artista intanto die l'ultima mano
A quel candido suo capolavoro :
Lo tenne all'ombra, ben intatto e sano,
Vi aggiunse ciò che potea dar decoro
Al sapiente ed all'asino; ma invano
Tentava di celar tanto tesoro,
Perché la fama, che vien sempre a galla,
Di ammiratori gli riempia la stalla.

Il giorno del trasporto, in processione
Il popolo seguia Â? la banda in testa Â?
E mandava rintocchi il campanone
Come se del Patron fosse la festa :
Plebe, senato e clero si dispone
Davanti alla fornace e qui s'arresta;
Da cento braccia il gruppo è sollevato
E delicatamente ivi posato.

L'artista in fretta qua e là ritocca
Dove il viaggio causò qualche malanno,
E presto al forno murano la bocca
Onde i raggi del sol non faccian danno.
Con entusiasmo ammucchiano la brocca,
Trascinan tronchi con allegro affanno,
Portan carbone da ogni bosco e loco
E al pian di sotto accendono un gran fuoco.

Dirige l'opra lo scultor geniale
Che trovò il modo di fissar la neve.
La fiamma il forno già circonda e sale.
Col fumo insieme, rosseggiante e lieve :
La mattonata d'ogni intorno eguale
acqua e vapor, vapor ed acqua beve;
E a poco a poco quel lavor di gelo
Mutato in fumo, va salendo al cielo.

Ma tutto accade nel mister del forno.
Di fuori solo luccica il bagliore
Che trasforma la notte in chiaro giorno,
Come di gloria vivido splendore :
S'affolla sempre il popolo d'intorno
Tutti vorrebber che volasser l'ore
Che al sorgere dell'alba è quasi certo
Che sia dura la neve e il forno aperto.

L'edificio già scotta e fuma e fuma
Come acceso cratere di vulcano,
Solo da un lato n'esce certa schiuma
Verdiccia e densa e d'un odore strano.
Già ormai tutta la brace si consuma
Ed il momento non è più lontano,
Quando freddata sia di nuovo l'opra,
Di metter le pareti sottosopra.

Popolo di Palagano, la gloria
Di tua genialità già s'avvicina :
Il miracol che sogni e la vittoria
Fa che ogni gente al tuo valor s'inchina;
Narra il poema e narrerà la storia
La scoperta mondiale e peregrina,
Degna d'esser cantata in alti carmi :
Le tue nevi cambiate in bianchi marmi.

Ecco giunto per tutti il grande istante
Che mireranno l'opera perfetta :
Il monumento candido e parlante
Sul piedestallo che da giorni aspetta :
L'uom più saggio, la bestia trombettante
Che con un soffio morte ai vivi affretta :
Morti sì, ma pacifici e giulivi
Perché hanno la virtù di tornar vivi.

Sorto il mattin l'affaticato artista
Chiese d'andarsi a riposare un poco,
Raccomandando di guardare a vista
Perché nessun si avvicinasse al loco :
« Intanto l'opra maggior forza acquista,
Raffreddandosi adagio a lento fuoco.
Nessun di farvi un buco abbia l'ardire
Perché potrebbe l'arte mia svanire ».

Giunto alla stalla il misero scultore
Stanco ed affranto si gettò sul fieno,
Ma non potè frenar l'ansia del cuore,
Che un pensiero gli venne in un baleno :
« Avrebbe vinto il gelo od il calore?
Il forno aperto sarà vuoto o pieno?
E quella schiuma e quell'odor non buono
Ch'escono da una parte, ahimé, che sono?».

Combattuto fra il dubbio e la paura
Dal giaciglio di fien s'alzò di scatto
E s'avviò pei campi alla ventura
Temendo quasi di diventar matto :
« Mi son tirato addosso una sciagura,
Se il forno è vuoto, che cos'ho mai fatto?
Diran che ne combino delle belle
E quella gente mi farà la pelle ».

Non s'accorgeva il misero ch'egli era,
Al solo formular di questo indizio,
L'unico di palagenese schiera
Ad avere un pochino di giudizio.
L'idea gli venne tardi, ma sincera,
E dubitando che già qualche Tizio
Potesse aizzargli gente alle calcagna,
Pensò ben di restare alla campagna.

Passavan l'ore e già freddato il forno
Il direttor dell'opra si attendea,
E tardando di troppo a far ritorno,
La gente alla sua stalla il pie volgea;
Ma qual non fu del popolo lo scorno,
Quando notizie a tutti invan chiedea :
Delle bestie e degli uomini alla vista
Era scomparso il geniale artista.

Senza di lui chi avrebbe mai l'ardire
Di liberare il monumento cotto?
Darsi potea che ad un incauto aprire
Crollasse il forno e quel restasse sotto.
Il senato decise in questo dire :
« Ad evitar che nulla vada rotto
E ad accertare l'esito sperato,
Si faccia un piccol finestrin da un lato ».

Il presidente va con batticuore
E leva un mattoncin con molta cura :
Applica al buco l'occhio suo migliore
Per veder se già cotta è la scultura,
Ma vuoto il forno ei scorge con stupore
E solo in terra un poco di lordura,
Che gli pareva di concime un grumo
A giudicare dall'odor del fumo.

Muto alcun tempo e qual da pensier vari
Che sia sorpreso, si coprì le ciglia :
Poi volto ai suoi : « La grande nuova, o cari
Compaesani, darete alla famiglia :
Il fior fiore di tutti i montanari,
Il Duca nostro e il ciuco, oh meraviglia!
Scolpiti in terra con la neve e il gelo,
Sono, in effige, già volati al cielo! »

* * *

Lettor mio caro la mia storia e questa.
Somiglia anch'essa a una scultura in neve :
Forno è il cervello e, benché sia modesta,
Il calor dell'affetto essa riceve;
La gente del Frignan, forte ed onesta,
Seconda a nessun'altra esser mai deve :
Speriam che in lei, della fatica mia,
Non resti solo un po' di porcheria.

Il nome di Palagano è qui posto
Solo ad omaggio d'un proverbio antico :
Se in parte o in tutto v'abbia corrisposto,
Dimostrarlo non posso e non lo dico.
Lo scongiuro bensì che, ad ogni costo,
Per ciò non voglia divenir nemico,
E per farsi vedere intelligente
Dirci dovrà : « non me ne importa niente ».




FINE