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La lavagna - Modenesità

Palaganeide (Poemetto Eroicomico) - Tanino / Canto Quarto

GROG
Scritto il 05/04/2009
da GROG
CANTO QUARTO

ARGOMENTO

In cerca del compar che vende l'ova
Ritornano a Sassuolo i sei villani;
Ma l'astuto mercante non si trova.
Al fin capita loro fra le mani
Una semente portentosa e nuova,
Che portan trionfanti ai compaesani:
Per aver pali piantan aghi e spilli,
Ma devon poi far guerra contro i grilli.





Sudati, ansanti e con la lingua fuori
Corron gli astuti a rintracciar la sorte :
Al veder quelle faccie a più colori,
Quegli occhi torvi e quelle bocche storte,
Gli artigiani abbandonano i lavori;
Fuggono in casa e sbarrano le porte,
Credendoli banditi, ed anche peggio,
Evasi da San Lazzaro di Reggio.

Ma gli eroi del progresso e della scienza
Non badano ai profani e tiran via;
Talché cinque ore dopo la partenza,
Ai primi tocchi dell'Avemaria,
S'affacciano con timida insistenza
Di Sassuolo alla prima birreria,
E chiedon : « Buona gente, in carità
Quel dell'ova di ciuca dove sta? »

Alla strana domanda i Sassolini
Non sanno in sulle prime che pensare,
Credendoli uno stuolo d'arlecchini
Ovver di marionette un esemplare;
Ma in breve quegli aspetti pellegrini,
Quelle zimarre ciociaresche e rare,
Quelle scarpe argillose e imbullettate
Li fanno scompisciar dalle risate.

Ed esclamano alfìn : « Ben arrivati!
Ma da qual bosco uscite o da qual landa?
Siete Lanzichenecchi oppur Croati,
O qual sorta di barbari vi manda? »
Rispondon essi allora un po' imbronciati :
« O guardate, per Diana, che domanda!
E si che non veniamo dentro un sacco!
Di Palagano siam, corpo di Bacco! »

« Siete Palaganesi!... Oh il brutto vizio,
Non conoscer la gente ai primi tratti...
E si che ne avevamo un chiaro indizio
All'abito, al parlar, al viso, agli atti...
Gente famosa per il suo giudizio,
E più famosa per i suoi contratti!...
Dite, son giunte sane a casa l'ova?
Le avete messe? Come va la cova? »

Incoraggiata allor dalla speciale
Accoglienza del popol sassolese,
Incominciò la compagnia immortale
Le prodezze a illustrar del suo paese :
Fu per gli astanti un vero carnevale
La narrazion delle sublimi imprese :
E registrata a imperitura gloria
Dell'ova di somara fu l'istoria.

Concludevan quei dotti: « Eh, un accidente!
Chi si aspettava mai quella frittata?
Era buona la merce, era valente
La bestia; e di ciuchini una covata
Fra qualche giorno usciva certamente,
Se la miccia, dal viaggio riscaldata,
Non tirava le cuoia in sul più bello,
Trasformando la cuccia in un macello!

Ma la fortuna, ai suoi sempre costante,
Ci ha guidato fra voi, gente cortese,
Che il negozio del nostro mercadante
Non vi rifiuterete a far palese :
Nuovi acquisti faremo sull'istante,
E, senza lesinar sopra le spese,
Il venditor con noi pur condurremo
E alla covata assister lo faremo ».

Rispose un d'essi allor tutto compunto
« Ma guardate che strana coincidenza!
L'illustre venditor iersera appunto
Per l'Africa central fece partenza,
Perché del nostro globo da ogni punto
Si ricerca di ciuchi la semenza,
E neppur vi possiamo assicurare
Se presto o tardi debba ritornare.

« Ma presso qualche amico, senza fallo
Avrà le cose sue depositate,
Poiché d'asin, di mulo e di cavallo
Egli tien sempre l'ova preparate :
Tali semenze ormai, senza intervallo,
Da mane a sera vengon dimandate,
Onde, per esser certi di trovarle,
Pei negozi affrettatevi a cercarle ».

Usciron dunque, e per le vie girando,
Spiavan le botteghe attentamente,
Seri e impettiti a tutti dimandando :
« Si vende qui di ciuchi la semente? »
Intanto li veniva accompagnando
Un codazzo di popolo plaudente :
Sicché in breve ripieno fu il paese
Delle gesta del suol palaganese.

Ma sempre più inoltrandosi la notte.
Morfeo spegneva i lumi in ogni loco
E dei curiosi le esultanti frotte
S'andavan diradando a poco a poco.
Talché, passata appena mezzanotte,
Chiusa la scena e terminato il gioco,
I sei compagni si trovaron soli.
Lì sulla piazza, ritti come pioli.

Stanchi, affamati e assai di mala voglia
Per quelle inaspettate variazioni.
Presero a disfogar l'amara doglia
Di porta in porta andando tentennoni;
Ma del ducal palazzo sulla soglia
Li sorprese un drappello di dragoni
Che li arrestò gridando : « Olà, chi siete? »
« Chi siamo? Giurammio, non ci vedete? »

« No in verità, perché la notte è buia...
Ma a lasciarvi a quest'ora per la strada,
Con quell'abbigliamento da gianduia,
Temiam vi faccia male la rugiada,
Per cui vi condurremo in gattabuia,
Dove trovar potrete cuccia e biada,
Con qualunque riguardo ed attenzione
Alle vostre onorevoli persone... »

« Ed osereste fare un tale oltraggio
Di Palagano al popolo gentile,
Dopo l'universal prova d'omaggio
Ricevuta da questo suol civile?... »
A tali detti, perso ogni coraggio,
Risposero i dragoni in tono umile :
« A, siete quei dall'ova di somare?...
Andate e fate pur quel che vi pare! »

Incoraggiati allor dalle novelle
Prove d'onor della forza ducale,
Proseguirono al lume delle stelle
Entro Sassuol la marcia trionfale,
Sognando ad occhi aperti le più belle
Storie, di cui nessun sognò l'eguale;
Talché furon sorpresi dall'aurora
Che passeggiando discuteano ancora.

Ma sui cardini appena cigolare
Udirono la prima porticciola,
Presero nuovamente ad intonare
Dell'ova somaresche la carola :
Alfine il naso andarono a ficcare
Nella bottega d'una merciaiola,
Che teneva, fra gli altri suoi gingilli,
Un vago assortimento d'aghi e spilli.

Benché fossero gente esperta assai,
Gli aghi ai Palaganesi erano ignoti,
E perché visti non ne avean giammai,
S'eran fermati a contemplarli immoti
Esclamando: « Che seme sarà mai?...
Certo verrà da luoghi ben remoti!... »
E la merciaia : « Questa, o brava gente,
E' di pali di ferro le semente ».

« Seme di pali?... Convien dunque dire
Che siam nella città della cuccagna!...
Oh, se riuscir potessimo a investire
Di tali piante la nostra campagna!
Ci dovrebber venire a riverire
Tutti quanti i paesi di montagna :
Ma senza dubbio un seme così raro
Costerà un occhio, e forse anche più caro ».

« Che volete, è una vera novità,
Viene adesso adesso da Parigi
E per averla da quei tomi là
Ho dovuto sborsar dei bei luigi:
Ma la merce è di prima qualità
E a prezzi fissi a scanso di litigi :
Io la vendo a tre lire per pacchetto
Per guadagnarci un misero soldetto ».

« Povera donna, siete troppo onesta
(Il più anziano dei sei rispose allora)
E' vero che siam gente astuta e lesta,
Ma di coscienza ce ne abbiamo ancora :
Ben conosciamo che semente è questa
E non vogliam mandarvi alla malora :
Come fate a campar con questo prezzo?
Ci vorrebbero almen tre lire e mezzo!...

E noi tre lire e mezzo vi daremo,
Se però ci potete assicurare
Che una spesa inconsulta non faremo
E la semenza possa prosperare
Anche dei nostri monti sul terreno,
Né ci sian troppe cure da prestare.
Perché teniamo affari in ogni loco
E tempo da sprecar ne abbiamo poco ».

« Oh per questo!... E' una roba così dura,
Che non teme né grandine né gelo;
Apposta la creò mamma natura,
Perché possa allignar sotto ogni cielo :
Ama l' acqua e la neve, ama l'arsura.
Ed il melume non le nuoce un pelo :
Prospera nel terreno concimato
E sullo scoglio magro, allampanato.

Però bisogna aver la precauzione
Di non piantarla con la punta in giù,
E dovendo far qualche esplorazione,
A piedi scalzi passeggiarvi su.
Perché se le troncate il pungiglione
Non la vedrete vegetar mai più.
I grilli fra le bestie ha per nemici
E i topi, che ne rodon le radici ».

« Proprio roba per noi, corpo di Bacco!
Presto dunque, padrona, che abbiam fretta.
Di tutto questo seme fate un pacco
E aggiustatelo dentro a una cassetta... »
Dissero, e un Grosso pan tolto da un sacco,
Ne tagliò ciascheduno la sua fetta :
E solo allora, paghe le lor brame,
Pensarono a saziar l'ingorda fame.

Poscia, saldato puntualmente il conto
E l'ova di somar poste in oblio,
Non si tosto il fardel videro pronto,
Ripresero la via del suol natio,
Dove giunsero un po' dopo il tramonto,
Con gran frastuono e con immenso brio :
Il popolo frattanto che li udiva
Uscia di casa e lieto li seguiva.

Il suol palaganese quella notte
Brulicò di lanterne e di facelle :
D'ogni burron salia la gente a frotte,
Per udir di quei prodi le novelle :
Ed essi, gonfi al pari d'una botte,
Faceano un pandemonio, una babelle
Ed a tutti, con gran solennità,
Mostravan la preziosa novità.

Ma scemati del popolo i tumulti,
Bortolin prese a urlar: « Figli, alle corte!
E' troppo conveniente che si esulti,
Se la fortuna abbiam sempre alle porte;
Ma fuor di terra i piccoli virgulti
Potrebbero trovar la mala sorte;
Per cui doman, se arride la stagione,
Ne dobbiam proprio far la piantagione ».

Il giorno dopo infatti, non appena
Sorse l'aurora ad imperlare i monti,
Di esperti agricoltori una catena.
Del sommo Bortolin ai cenni pronti.
S'accinsero al lavoro con tal lena.
Che il suol radeano colle curve fronti.
Ed il sole non era tramontato,
Che tutti quanti gli aghi avean piantato.

Dopo il gran fatto tutti i dì impaziente
Veniva ad osservar l'eletto stuolo
Se i germi della pianta sorprendente
Si vedessero alfìn spuntar dal suolo:
Ma, non vedendo mai spuntar su niente.
Caddero in preda a scoraggiante duolo
E decisero andar a piedi nudi
A far sul campo osservazioni e studi.

Si scalzarono adunque i più stimati
Ma, fatto un passo, n'ebber tutti assai,
E presero a gridar come invasati :
« Se nascono!... accidenti, e come! ...ahi! ahi! »
E grattandosi i piedi insanguinati
Riempivan l'aria di pietosi lai:
Ma poi presero in pace le lor pene,
Certi che gli aghi vegetavan bene.

Scorreano intanto i dì e le settimane
E un palo fuor di terra non spuntava;
Vedendo le speranze riuscir vane,
Il popolo altamente si lagnava;
Guaiva Bortolino come un cane
E le bestie nocive ne incolpava :
Alfine per avere un po' di sfogo,
Volle recarsi a fare un sopraluogo.

Infatti, dopo un'ora di vedetta.
Mirò alcunché nel campo saltellare :
Era una malcreata cavalletta.
Che certo i pali andava a rosicchiare!
Quasi colpito da mortal saetta :
« Ecco il nemico! ...cominciò a gridare.
Presto, figliuoli, armatevi di schioppo
E correte di trotto e di galoppo ».

Scossi atterriti da quell'urlo ostile,
Accorron tutti fino ai denti armati :
Ne afferra il duca quattro dal fucile
E li tragge del campo ai quattro lati,
Gridando : « Mira, o popolo virile,
La bestia che ci ha quasi rovinati!...
Attenti, quando a tiro vi verrà,
Fuoco!... e sparate giù senza pietà ».

Si mise in guardia ognun; ma il grillo
Quasi volesse farla per dispetto, astuto,
Pel campo svolazzò qualche minuto,
Poi d'un dei quattro andò a saltar sul petto :
Ei con un fischio e con un cenno muto
L'indicò a quel che aveva di rimpetto...
Passò un istante... un colpo rimbombò,
E l'uom dal grillo in terra ruzzolò.

Volò al soccorso la compagnia bella;
Ma il meschino avea l'anima esalata!
Restò a tal vista ognun senza favella
E di lai cominciò una serenata;
Ma del morto allorché fra le budella
Trovar la cavalletta sfracellata,
Ben tosto lo spettacol di tristizia
Cambiossi in argomento di letizia.

« Ci vuol proprio un'astuzia singolare,
(Esclamava, battendosi la nuca)
Col solo sacrificio d'un compare
Salvar la patria terra!... « Intanto il duca
Anche al morto guerrier volle pensare :
Fece scavare una decente buca
E sul posto, con pompa inusitata,
Fu sepolto l'eroe della giornata.

Gli mandò Bortolin l'estremo vale :
« Riposa, o figlio valoroso, in gloria,
Martire della patria senza eguale!...
Del suol palaganese nell'istoria
Il nome tuo risuonerà immortale... »
Volea più dir, ma gli tornò in memoria,
Al lento martellar del mezzogiorno,
Un castagnaccio, che aveva cotto in forno.